19/11/2015
L’ASSOCIAZIONE ALZHEIMER DI ASTI e L’ASSOCIAZIONE CULTURALE NIG NUOVE IDEE GLOBALI, insieme, hanno cercato attraverso l’arte del teatro e della sua comunicazione di divulgare le problematiche sociali relative al morbo di Alzheimer, il valore del volontariato e della donazione a sostegno delle associazioni, fornendo spunti di riflessione.
LA PAROLA SMARRITA ha debuttato, in prima nazionale il 19 novembre 2015, al Teatro Alfieri di Asti come spettacolo di apertura della rassegna teatrale: GLI ALTRI -per rammentare i diritti e le persone con disabilità-
NOTE DI REGIA DI ALESSIO BERTOLI
La vicenda di Al Mindland, famoso professore di linguistica alla Harvard University, vuole essere atipica ed esemplare al tempo stesso. Atipica in senso clinico perché Al, quando gli viene diagnosticato il morbo, ha appena compiuto cinquantacinque anni: quindi soffre di una rarissima forma di Alzheimer precoce. Esemplare per la professione del protagonista, basata su quelle parole che sono il primo veicolo identitario di noi umani. Proprio delle parole, di una parola in particolare Al inizia a perdere il controllo mentre fa lezione, mentre parla al pubblico in sala del cervello e delle sue malattie più misteriose, proprio come l’ Alzheimer. Poco dopo Al si smarrisce in un luogo noto, che all’improvviso non riconosce più. È l’inizio di un crudele e inesorabile processo degenerativo cui la medicina non sa porre riparo. Allora Al Mindland inizierà a cercare il proprio passato rappresentato scenicamente da un susseguirsi di frame, di fotogrammi dentro i quali scorrono, come in antichi home-movies, persone e momenti della sua vita: un pellicola di ricordi che si consuma però molto rapidamente bruciata dal morbo di Alzheimer. E poi, in un alternarsi tra finzione e realtà, classico del teatro di narrazione, i momenti in cui Al Mindland guarda se stesso sono invece lasciati (un voluto contrasto, l’implicazione tra le due memorie umana ed artificiale ) alla tecnologia, a un “computer complice” al quale il protagonista ha affidato le estreme testimonianze della propria identità.
L'ovvio epilogo è terribile così come lo svolgimento della storia, ma abbiamo tentato di realizzare uno spettacolo sincero augurandoci di richiamare autentiche emozioni e riflessioni con una regia che ho voluto “accompagnasse” gli interpreti , prima di tutto me stesso, senza eccellere in virtuosismi fuori luogo; una messa in scena quieta e composta, discreta e pudica ma soprattutto con un “tocco magico di favola e fiaba” che può apparire in contrasto rispetto alla terrificante patologia che racconta, fatta di silenzi e vuoti, qualcosa che ci abbandona senza far rumore… e invece no. Perché il protagonista attraverso la sua giovane, intelligente e sensibile nipote Margherita scoprirà di essere legato ( teatro nel teatro ), in alcuni toccanti momenti della pièce teatrale, da un duplice legame con Margherita: la malattia che distrugge le memorie dei nostri cari e “la storia di Altrove”, una magnifica fiaba, forse scritta dallo stesso Al Mindland – o forse no - , un mondo fantastico libero dal dolore dei ricordi, di una terra senza memoria in cui nulla mai si possiede e nulla perciò può andare perduto! Lasciandoci così, durante lo svolgersi della vicenda, una rassicurante seppur piccolissima scia di speranza, quella speranza e forza che dobbiamo a tutti coloro che continueranno ad affrontare questa battaglia. E non solo a loro, ma a noi tutti perché l'arte ha il dovere sociale di dare sbocco alle angosce della propria epoca. L'artista che non ha accolto nel fondo del suo cuore il cuore della propria epoca, non è un artista e la macchina teatrale si propone di raccontare, di porgere al pubblico delle storie senza necessariamente dover spiegare o fornire risposte/ soluzioni, ma piuttosto nuove domande, necessarie provocazioni , perché il teatro con il potere visionario è in grado di dare corpo ad una vicenda, che diventa lo strumento con cui comunica senza filtri, barriere o montaggi, diventando testimone obiettivo e imparziale del nostro tempo. Guardiamo ormai distaccati senza battere ciglio a tutti i mali e a tutte le sofferenze di questo mondo come se fosse una favola brutta, irreale ma che non ci riguarda, alla fine dei conti! Finché un giorno, senza preavviso, una realtà tragica irrompe improvvisamente nelle nostre esistenze cambiando per sempre le nostre vite. Attraverso la finzione teatrale avremo la possibilità di guardare, come testimoni di una verità che ci scorre davanti agli occhi senza filtri e forse riusciremo a vivere l’emozione vera con tutti i suoi reali rischi, perché ogni volta che l’arte fa aprire una porta, automaticamente induce il pubblico a varcare una soglia che lo conduce “Altrove”. Così ogni volta che il teatro racconta una storia, dà al pubblico la possibilità di scegliere. Gli si dà la libertà.
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